michele potè
Avvocato a tempo pieno, ex vicepresidente della Rete Lenford. Categorie |
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Nell’era digitale in cui viviamo, comunicare è diventato sempre più semplice e veloce.
Una notizia pubblicata sul web, un post su un social network, un commento inappropriato su una pagina sono in grado di raggiungere facilmente un numero imprecisato di persone. L’enorme effetto di “cassa di risonanza” delle informazioni pubblicate sul web, spesso a prescindere dalla loro effettiva veridicità, può risultare pericoloso ogniqualvolta l’oggetto del messaggio diffuso abbia carattere denigratorio ed infamante nei confronti del suo destinatario. Tuttavia, pubblicare su pagine Facebook le esperienze negative dei clienti di un esercizio commerciale costituisce azione meritoria al fine di contrastare possibili operazioni di pubblicità ingannevole e scongiurare che altri malcapitati soggetti subiscano la medesima potenziale lesione patrimoniale. Premessa. Il Tribunale di Torino affronta il delicato tema della potenziale portata diffamatoria di messaggi e commenti inseriti in blog di pagine Facebook e del particolare ruolo rivestito dall'amministratore della pagina web. Il Giudice riconosce il valore economico e sociale delle recensioni e dei commenti nell'attuale contesto informatizzato. Tali recensioni soprattutto se fondate su fatti realmente accaduti, non possono essere considerati strumento diffamatorio. Inoltre, la responsabilità dei commenti non può essere attribuita all'amministratore delle pagine web, se non quando lo stesso appresa la portata lesiva dei contenuti li abbia consapevolmente mantenuti sulla pagina digitale. La vicenda processuale La vicenda processuale vede protagonista una concessionaria di autoveicoli usati che cita dinanzi al Tribunale l'amministratore di una pagina Facebook, richiedendone la condanna al risarcimento del danno subito, nella misura di € 150.000,00, per via di commenti qualificati come denigratori, diffamatori e screditanti, apparsi sulla pagina web che l'amministratore non avrebbe rimosso. A sostegno delle proprie ragioni la concessionaria riporta alcuni fatti qualificati come diffamatori. Un post apparso sulla pagina amministrata dal convenuto, nel quale un cliente della concessionaria lascia una recensione negativa in quesnto l'auto appena acquistata si è rivelata essere gravemente denneggiata. Una seconda recensione di un cliente insoddisfatto per l'acquisto di un veicolo con programma garanzia che però aveva presentato problemi al motore. Sotto entrambe le recensioni anche soggetti terzi hanno contribuito a condividere le loro esperienze negative con la concessionaria, talvolta contribuendo in maniera offensiva e violenta. Inoltre la concessionaria sosteneva che l'amministratore avesse un interesse concreto a lanciare verso l'attrice una vera e propria campagna diffamatoria, allo scopo di ledere la sua affidabilità commerciale, in quanto soggetto vicino ad un'altra concessionaria concorrente. La decisione del Tribunale. Il Tribunale parte da un punto incontrovertibile e condiviso dalle parti di causa. Entrambi i fatti commentati sulla pagina Facebook posta sotto accusa erano veri. Il Tribunale inoltre non si stupisce della scelta operata dai clienti nell'affidare immediatamente ad una pagina web le lamentele, in considerazione dell'attuale contesto digitalizzato. In relazione al peculiare ruolo rivestito dall'amministratore della pagina web il Tribunale afferma che, alla luce dei principi espressi dalla cassazione n. 16751/2018 solo il direttore di una testata giornalistica è responsabile per i contenuti diffamatori apparsi sulla testata, non lo è invece l'amministratore di una pagina FB per i contenuti dei commenti presenti nel blog e nei forum. Pur essendo vero che il blogger è chiamato a rispondere dei contenuti denigratori solo quando pur prendendo cognizione degli stessi li mantenga sulla pagina in modo consapevole (in tal senso Cass. civ. n. 12546/2019). Nel caso di specie il Tribunale esclude questa consapevolezza da parte dell'amministratore della pagina FB, che, a suo giudizio non può esercitare un monitoraggio continuo 24 ore su 24 per cancellare immediatamente un post offensivo. Non viene sprecata dal giudice di primo grado l'occasione per affermare l'importanza sociale del diritto di critica, anche online, che a suo avviso deve essere tutelato e protetto, soprattutto ove la critica trovi, come nel caso esaminato, fondamento nella realtà dei fatti. Concludendo. Il Tribunale evidenzia l'importanza sociale, ma anche economica del diritto di critica che ove non adeguatamente tutelato si trasformerebbe nel tentativo di mettere a tacere tutte le recensioni negative. La domanda di parte attrice veniva quindi rigettata con condanna alla rifusione delle spese processuali affrontate da parte convenuta. Fonti: Diritto e Giustizia
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